Conferenza “L’arte del restauro†- Retrospettiva e conclusioni
Venerdì 22 novembre si è tenuta a Cavergno una serata pubblica intitolata “L’arte del restauroâ€. Si è trattato del naturale seguito di una tavola rotonda tenutasi esattamente un anno prima, il 23 novembre 2018, i cui partecipanti si erano espressi sul significato, sulle prospettive e sulle modalità di salvaguardia del patrimonio culturale materiale e immateriale. Le quattro associazioni che avevano promosso la serata (Fondazione Valle Bavona, Museo di Valmaggia, Museo Walserhaus di Bosco Gurin e APAV), dagli spunti di riflessione avanzati in quella occasione hanno quindi proposto un momento dedicato all’opera di chi lavora attivamente per la salvaguardia del patrimonio. Una sorta di passaggio “dalla teoria alla praticaâ€, grazie alla presentazione di differenti progetti.
I due musei hanno dato la parola a Corrado Melchioretto, esperto restauratore del Centro di dialettologia e di etnografia di Bellinzona, il quale ha anzitutto illustrato il progetto di conservazione dei tessili del museo Walserhaus di Bosco Gurin che lo ha impegnato - assieme ad alcuni studenti SUPSI - ad inizio 2019. Dalle cuffie da bambino ai teli colorati, la conservazione dei tessili di Bosco Gurin si è rivelata un’attività che richiede conoscenze e inventiva. In particolare, si è dovuta identificare una larva che è riuscita ad annidarsi nei prodotti di manifattura Walser (malgrado il freddo!) e ideare un sistema di verifica della possibilità o meno di lavare i tessuti. Dopo la minuziosa pulizia degli oggetti, i conservatori hanno messo a punto degli accorgimenti per stoccare i tessuti senza lasciare delle pieghe che comprometterebbero irreparabilmente la colorazione e la qualità della stoffa.
Il restauro museale, tra cui l’opera di recupero di un ingegnoso solfatore artigianale e del comò della famiglia Berna (conservati al Museo di Valmaggia), è stato al centro del secondo contributo di Corrado Melchioretto. Il relatore ha insistito sulla sistematica con la quale è importante valutare e quindi lavorare sull’oggetto. La conoscenza dei fattori di degrado (biologici, chimici, climatici, umani e sinistri) consente di prevenire il deterioramento e prolungare la vita dell’oggetto. L’azione di restauro necessita quindi di una costante riflessione etica (si deve ad esempio sempre operare in modo che le aggiunte siano rimovibili in un secondo tempo), di abilità manuale e di strumenti d’avanguardia, come l’impianto termico di disinfestazione che a Bellinzona garantisce la liberazione dei tessili e del legno dalle tarme e dal tarlo in modo ecologico e senza veleni.
Dagli oggetti agli alpeggi, il restauro viene praticato in tutte le dimensioni e in tutte le declinazioni. A nome della Fondazione Valle Bavona, Nicoletta Dutly-Bondietti ha illustrato il recupero del Corte Banèta dell’Alpe Sevinèra, sopra San Carlo in Val Bavona. Dato che l’abbandono di un luogo dà il via a un declino generalizzato degli insediamenti che vi si trovavano, il recupero è un’operazione dalle molte sfaccettature: vanno ripristinati gli spazi aperti, gli accessi sentieristici, le murature, le carpenterie, i serramenti e gli oggetti di significato storico. E di fronte alla disarmante semplicità spartana di questo luogo che si riporta alla luce, si impone il confronto con il nostro passato, il pensiero a grandi fatiche e a profonde umiltà.
La Valmaggia è ricca di testimonianze artistiche, di cui le cappelle e gli affreschi devoti ne sono una parte consistente. Silvia Gallina in Valmaggia ne ha restaurate quasi 100, spesso in collaborazione con l’APAV, e dalla sua esperienza ha tratto una serie di considerazioni in merito ai numerosi fattori di degrado (muffe, qualità della malta, alghe, umidità, incidenti umani e vandalismi di vario genere), così come agli interventi principali di chi restaura: consolidamenti, pulitura, integrazioni strutturali e pittoriche. Queste ultime sono il risultato di una attenta riflessione e dell’impiego di varie tecniche (tratteggio, integrazione sottotono, tinta neutra) che permettono di ridare leggibilità a un dipinto senza confondere l’originale con il ritocco. Queste tecniche si realizzano con un lavoro solitario e paziente, di cui Silvia Gallina ci ha raccontato le intense emozioni che in lei nascono da un silenzioso ma vivo colloquio con il passato.
Per finire, Gabriella Tomamichel, presidente dell’APAV, ha presentato un’anteprima di un nuovo opuscolo che raccoglie e illustra alcuni restauri operati dall’APAV nei suoi numerosi anni di attività: si tratta di una selezione tematica che permette all’interessato e al curioso di avvicinarsi alla vastità delle testimonianze storiche che il territorio valmaggese custodisce e che il lavoro dei restauratori permette di trasmettere al futuro.
Proprio il futuro potrebbe essere un punto di partenza da cui tentare di dare una definizione di restauro: l’atto che permette di perpetrare la bellezza di un oggetto. Il restauro sarebbe quindi un’azione di altruismo: garantire che anche le generazioni future possano godere della bellezza. Si tratta però anche di un recupero di un significato. Forse è proprio l’azione del restauratore quella che più permette di avvicinarsi a questo significato, di identificarlo e di confrontarsi con la sua bellezza.
Per il gruppo organizzatore
Rocco Cavalli